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Filippo Betti

Water Whisperers all'orizzonte!

Pesca allo sgombro, una storia da raccontare


Ore 2.00 la sveglia di water whisperers squilla a pieno volume. Orario insolito per una battuta di pesca penserete giustamente voi.


Una vecchia fiat panda mi aspetta sul viale di casa rilasciando grandi quantità di CO2 nell’ambiente ma, con il riscaldamento attivo e i suoi piccoli fari in grado di illuminare solamente pochi metri dinanzi a lei garantisce sempre una calda accoglienza a bordo.


Salgo, guardo Dimitri che con un leggero e lento battito di ciglia accenna ad un saluto. Raggiungiamo il punto d’incontro carichiamo l’attrezzatura nel furgone e partiamo, direzione Porto Levante, una località di mare vicino Chioggia.


Con noi oggi ci sono anche tre amici, chi inesperto e chi invece già conosce l’arte della pesca.


Durante tutto il viaggio regna il silenzio con qualche breve rumore sordo emesso dalla ciurma dormiente, a circa un’ora dalla destinazione troviamo finalmente un bar aperto dove poter bere un caffè e fare colazione, tento la fortuna con un gratta e vinci da 3 euro e come previsto non vinco nulla. Mi rimetto alla guida e scambiando due chiacchiere con Dimitri già mi immagino la nostra giornata.


Una volta giunti al porto contattiamo il nostro fidato capitano Lauro il quale ci avrebbe accompagnati durante la nostra tanto aspettata uscita a sgombri.


Saliamo a bordo, la barca è una Ferretti degli anni 80’ lunga 13 metri mantenuta in condizioni pari al nuovo e spinta da due grossi motori eroganti più di 300 cv l’uno, mentre il capitano prepara l’imbarcazione e scalda i motori noi prepariamo la nostra attrezzatura. Decido di iniziare la pesca con la tecnica a bolentino utilizzando un monofilo da 0.30 in bobina e un sabiki come terminale, dotato di 5 ami e luccicosi nastrini si presentava come l’esca killer. Dimitri con un gran sorriso prepara la sua canna da casting, in bobina ha un trecciato e per finire un cordino in fluorocarbon al quale penzolava un promettente Jig di colore rosso, “voglio qualcosa di grosso” afferma sghignazzando.


Imbarcazione per la pesca in mare

7.30 pronti a salpare e lasciare il porto, “ci saranno circa 30-40 cm d’onda al largo, si ballerà un po' ma andrà a calare nel pomeriggio” afferma il capitano.


Motori al massimo puntiamo l’orizzonte e affidandoci all’esperienza di Lauro e al fidato ecoscandaglio Garmin gettiamo l’ancora dove per le prossime 7 ore resteremo a pescare.


Il mare aveva deciso di non aiutarci, onde che superano il metro fanno sembrare la barca un’attrazione di Gardaland mettendo in difficoltà noi poveri pescatori d’acqua dolce.



Ancor prima di calare le lenze vedo Dimitri avvicinarsi velocemente a bordo barca e tutti i demoni contenuti nel suo stomaco liberarsi dal suo interno, guardandolo esclamo: “lo seguo a ruota!” e così anche il mio pesante krapfen alla crema mangiato poco prima diventa pastura per i pesci.


Faccio un sospiro e prendo coraggio innesco dei pezzi di sardina sui miei ami, osservo i pasturatori spargere sardine tritate che subito vengono mescolate dalle correnti, faccio scendere il piombo sul fondo e con un rapido sguardo all’ecoscandaglio vedo i pesci a circa 18 metri di profondità ed ecco che poco dopo il primo pesce abbocca all’amo, scappotto così con un “sugarello” (Trachurus-Trachurus, appartenente alla famiglia dei Carangidae) di circa 20 cm, ri-innesco e rilancio subito, gli sgombri attratti dalla pastura non si fanno aspettare e in poco tempo già raggiungiamo un numero discreto di catture.


Mi fermo il tempo di una sigaretta e con ancora lo stomaco sottosopra riprendo la pesca, sento un forte tirare dall’altra parte della canna e sbalordito inizio a recuperare portando in barca tre bei esemplari di sgombro in un unico lancio. Vista la voracità dei pesci decido di cambiare montatura e per evitare di ri-agganciare più pesci contemporaneamente e rischiare così di spezzare la lenza, monto un piombo scorrevole sulla lenza madre con una girella posta sul fondo alla quale aggancio un terminale di circa 50 cm con amo singolo misura 6.


Provo a prendere il telefono per fare qualche foto e video ma subito mi sembra essere una pessima idea per il mio stomaco, mi siedo e vedo due dei nostri poggiare la canna e sdraiarsi sulla prua della barca sperando di contrastare il mal di mare.


Rimaniamo in tre a pescare il per il resto della giornata, cerco solamente di concentrarmi sulla pesca senza pensare al continuo oscillare della barca. Nel primo pomeriggio provo a mangiare un panino, inutile dire la fine che quest’ultimo abbia fatto.


Terminata la pesca rientriamo in porto e tutti i sofferenti iniziano a sentirsi meglio, ci fermiamo per un caffè e ci mettiamo in marcia verso casa, una volta arrivati ridendo e scherzando per il malessere subito da alcuni di noi puliamo il pescato e brindiamo alla splendida giornata.



Probabilmente Dimitri non tornerà a pescare in mare ma sicuramente racconterà questa storia con allegria.

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